Digitalizzazione della PA: quali soluzioni e vantaggi concreti

Da tempo si parla di come rendere digitale la Pubblica amministrazione, ovvero di un processo che deve essere inteso come un vero e proprio obiettivo da perseguire necessariamente per il bene dei cittadini e dell’intero Paese. L’implementazione della tecnologia digitale all’interno delle istituzioni rappresenta infatti un’opportunità da cogliersi il prima possibile.

Da un lato troviamo gli italiani, sempre più connessi a internet, quindi sempre più pronti al cambiamento. Dall’altro lato della barricata troviamo anche le aziende, che seppur con un certo ritardo rispetto ad altri Paesi europei, hanno intrapreso la strada della trasformazione digitale, dopo aver compreso come un eccessivo ritardo rappresenterebbe un gap competitivo incolmabile, quindi l’esclusione dal mercato. Con questi presupposti, vediamo quali sono le soluzioni e i vantaggi derivanti dalla digitalizzazione della P.A..

Digitalizzazione della Pubblica amministrazione: panoramica generale

Abbiamo detto che sia i cittadini sempre più social e connessi, che le aziende sempre più digitalizzate, hanno compreso le potenzialità derivanti dalle nuove tecnologie. All’appello, però, manca ancora la Pubblica Amministrazione che, in un mondo ideale, dovrebbe somigliare per rapidità di performance e per qualità, a quelli che sono i grandi player digitali: Facebook, Google e Amazon.

La situazione generale è ancora ben lontana dal poter soddisfare queste importanti aspettative. I dati Eurostat 2018 inerenti la “Digital Economy and Society” in Europa infatti, hanno messo in evidenza come la situazione della P.A. italiana sia tutt’altro che rosea. Purtroppo a oggi non ci sono stati dei miglioramenti concreti, o quantomeno non così evidenti da poter parlare di un vero e proprio progresso.

Parlando di crescita digitale dunque, il nostro Paese raggiunge solamente il 25° posto nel panorama europeo, con un punteggio di 44,3. In testa troviamo la Danimarca, con ben 30 punti in più. Il risultato è parzialmente giustificabile da problematiche strutturali. Il medesimo posto in classifica infatti lo teniamo per quanto riguarda la connettività, dove la media dei punteggi è di 62, a fronte di quello italiano di 52.

Ma le problematiche non terminano con quelle strutturali. Anche sotto il profilo della professionalità non siamo messi bene. Il parametro capitale umano infatti, segna un punteggio di 40,8, mentre la media europea è di 56,5. Tutti questi ritardi tecnologici, come facilmente intuibile si riflettono sulla digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Alcuni segni positivi, in determinati campi come quello degli Open Data, esistono.

Purtroppo però, in un quadro di questo tipo, non sono sufficienti. L’aggravante è che la situazione generale si riflette inevitabilmente sulla qualità di quelli che sono i servizi erogati, e purtroppo causa l’allontanamento dei cittadini dalla P.A. In altre parole si va ad alimentare una sorta di paradosso, dove la pubblica amministrazione è tanto social ma troppo poco e-gov.

Entrando ulteriormente nel dettaglio, da una parte possiamo trovare i cittadini italiani, sempre più social e sempre più connessi. Da mobile infatti, siamo intorno alle 2 ore di navigazione quotidiana. Al quadro generale, si deve aggiungere che il nostro popolo è favorevole alla digitalizzazione della P.A., così da poter beneficiare di servizi che possano andare oltre quelli basilari.

Il 29% dei cittadini dunque, si aspetta che le varie procedure vengano semplificate, ma un buon 25% desidera anche che le risposte da parte della Pubblica amministrazione siano più veloci. Nonostante tutto questo però, i servizi e-gov sono ancora poco utilizzati, e solo una persona su quattro dichiara di averli utilizzati. Senza, tra l’altro, benefici particolari. In altre parole la domanda è in crescita, ma l’offerta non è all’altezza della situazione.

Questo genera chiaramente un forte senso di sfiducia, ma anche di frustrazione, da parte di moltissimi utenti. La percezione della P.A. infatti, è quella di un complesso pachidermico di procedure, altamente inefficiente perché obsoleto. Nonostante questo non è ancora troppo tardi per affrontare definitivamente la digitalizzazione, ma soprattutto per portarla a compimento in maniera efficace e convincente. In altre parole, occorrono risposte.

Valorizzazione del capitale umano e innalzamento di professionalità

Esattamente come accade nel settore privato, anche nella Pubblica amministrazione c’è l’esigenza di integrare quella che è la forza lavoro con nuove competenze. Alla base di tutto troviamo sempre e comunque il capitale umano. Alla P.A. dunque, occorrerebbero professionalità tecnologiche, manageriali e organizzative, che siano in grado di fornire il giusto supporto al processo di digitalizzazione.

Nel 2018 si è provato a percorrere la strada della formazione, ma solamente 6 dipendenti su 10 ne hanno ricevuto una adeguata. In particolar modo, i temi affrontanti riguardavano il panorama normativo-giuridico, e quello informatico e telematico. Purtroppo però, sono stati totalmente ignorati alcuni ambiti, come quelli manageriali, quelli legati all’utilizzo delle lingue straniere, e quelli di comunicazione.

Analizzando la situazione più ad ampio spettro, possiamo dedurre che la strada intrapresa dalla P.A. è altamente sbilanciata sul perfezionamento di quelle che sono le conoscenze procedurali e teoriche, mentre ci sarebbe l’esigenza di una formazione più operativa, che consenta a cittadini e aziende di accedere a servizi semplici, più veloci e soprattutto efficienti.

Una soluzione quantomeno parziale a questa problematica, potrebbe arrivare da una nuova figura, ovvero quella del Social Media Manager Pubblico. Sono molti gli enti pubblici che stanno cominciando ad essere sempre più presenti sui social network, ma soprattutto ad utilizzare questo canale come un vero e proprio strumento di comunicazione con i cittadini. In questo modo è possibile costruire una strategia comunicativa più coerente.

L’idea di comunicazione deve cambiare

La comunicazione al giorno d’oggi è tutto, in qualsiasi ambito. Proprio per questo motivo, una delle sfide che la P.A. deve assolutamente affrontare, è quella di effettuare un aggiornamento sulla propria comunicazione, che deve essere resa più digitale, ma soprattutto in linea con le aspettative dei cittadini, che vogliamo ricordare ancora una volta, sono ogni giorno sempre più connessi.

Per raggiungere questo obiettivo, tra le altre cose è indispensabile presidiare i social network. In che modo? Adottando una strategia comunicativa funzionale e coerente, che sia in grado di sfruttare le potenzialità di ogni canale, e attribuendo a ognuno di questi un preciso ruolo nella comunicazione. In tal senso dobbiamo però sottolineare che esiste anche un caso particolarmente virtuoso, ovvero il Quirinale.

Nel 2016, infatti, ha aperto un canale Instagram vicino a Twitter e Youtube. Ognuno di questi social network, dunque, è sfruttato in maniera differente, ma sono coordinati tra loro. Contenuto e finalità sono però diversi. Entriamo nel dettaglio:

• Twitter. Aggiornamenti sulle attività della Presidenza della Repubblica.
• Instagram. Raccolte di scatti fotografici delle attività del Presidente.
• Youtube. Contenuti video realizzati dall’Ufficio Stampa della Presidenza.
• Google+. Notizie in lingua inglese per un pubblico internazionale.

Quali sono i vantaggi di una comunicazione di questo tipo? Sono talmente numerosi che non è nemmeno possibile riportarli integralmente in questo articolo, ma uno in particolare merita di essere menzionato. I social network consentono una comunicazione veloce e immediata, e permettono di trasferire una mole di informazioni in grado di costituire una customer experience di qualità, come attesa dai cittadini.

In parte, sotto questo aspetto, la direzione intrapresa è quella corretta. Il 99,5% delle istituzioni infatti, ha dichiarato di aver messo a disposizione dei cittadini alcuni canali e strumenti per agevolare la comunicazione. Tra questi sicuramente primeggiano la posta elettronica ordinaria, la PEC, e il Web. Il 51% di tali istituzioni invece, affermano di essersi dotate di SUAP, ovvero dello “Sportello Unico delle Attività Produttive”

In particolar modo, solamente un’amministrazione comunale o una camera di commercio su due dispone di tale sportello. Infine il 26,2% ha anche attivato lo “Sportello Unico dei servizi al cittadino”. Ad ogni modo, nel quadro generale deve essere riportato anche come ogni istituzione disponga di un proprio sito web, e di come questo sia utilizzato proprio per comunicare con i cittadini.

Tale strada intrapresa può portare solamente verso una rinnovata fiducia da parte dei cittadini, grazie a un miglioramento della reputazione generale. Appare evidente dunque come occorra un vero e proprio cambio di mentalità: la P.A. deve accettare che una comunicazione a senso unico, dove lei “parla” e la popolazione “ascolta”, non è più sostenibile. Da passiva la comunicazione deve dunque diventare attiva.

Parola d’ordine: sicurezza

Con l’avvento della digitalizzazione appare evidente come si stia ponendo una questione davvero rilevante: la sicurezza nello svolgimento dei vari processi, ma anche nella gestione e nella conservazione dei dati sensibili. Gli attacchi di hacker a tribunali e università, ad esempio, sono sempre più numerosi. Questo suggerisce come la P.A. debba fare ancora molta strada, ma anche molto in fretta. In altre parole, stop ai ritardi.

In quale direzione vanno gli attacchi informatici? In prima battuta verso quei siti che adottano soluzioni hadware non aggiornate. In secondo luogo, anche un sito secondario può realmente risultare interessante per il criminale, che con un’ottica di profitto andrà proprio a colpire siti non sicuri con lo scopo di perpetrare attività illecite, ad esempio la diffusione di un malware.

Con questi presupposti possiamo dunque dire che la sfida è di duplice portata. Da una parte non è permesso che i rischi citati possano rallentare il processo di digitalizzazione. Dall’altro lato è necessario attrezzarsi adeguatamente per fronteggiare tali rischi. Per raggiungere questo scopo è importante investire su quella che è la formazione del personale che gestisce i dati, lo sviluppo e la manutenzione dei sistemi informatici.

In seconda battuta, è altrettanto importante un’attenta pianificazione degli investimenti strategici in soluzioni software che siano realmente all’avanguardia, così da garantire sempre un livello ottimale di cybersecurity. Infine, ma non da ultimo, è altrettanto indispensabile investire sull’educazione digitale, che possa sensibilizzare gli utenti stessi ai rischi tipici della rete.

Per quanto i livelli di sicurezza possano essere alti, infatti, tutti gli sforzi possono rivelarsi vani di fronte a certi errori tipici dell’utente inesperto L’obiettivo in questo caso è quello di ridurre distrazioni e disattenzioni, che inavvertitamente potrebbero permettere l’ingresso a potenziali agenti dannosi per i sistemi informatici.

Le sfide: fare rete

Tra le sfide che la Pubblica amministrazione deve affrontare e chiaramente vincere, troviamo quella di fare rete. La digitalizzazione deve diventare oggetto di quella che è una strategia di implementazione diffusa, in grado di coinvolgere i vari livelli della P.A. Questo eviterebbe lo sviluppo a “macchia di leopardo”, ovvero quello dove possiamo trovare comportamenti virtuosi vicino ad altri assolutamente arretrati.

Gli strumenti normativi per raggiungere questo scopo. Al contrario, in alcune situazioni un’eccessiva ipertrofia regolamentare è in grado di ostacolare la trasformazione digitale. Nel tempo dunque, gli interventi del legislatore hanno risentito proprio della mancanza di una strategia unitaria, che comprendesse anche le questioni tecnico-informatiche, ma anche della complessità degli aspetti giuridici e archivistici della P.A.

Apertura verso le nuove tecnologie

La quinta ed ultima sfida è talmente ovvia da apparire scontata. Per raggiungere una completa trasformazione digitale, realmente efficace, è necessaria un’apertura verso le nuove tecnologie, che permetta di integrarle correttamente all’interno delle procedure amministrative. Volendo fare un esempio concreto, la blockchain potrebbe avere applicazioni molto interessanti tra gli enti pubblici.

Potrebbe risultare utile infatti per la tenuta dei registri pubblici, ad esempio quelli catastali, a cui potrebbe essere dato l’accesso solamente ad alcuni soggetti autorizzati dagli operatori di settore. In questo modo potrebbero direttamente effettuare le registrazioni nella massima sicurezza. Ovviamente il medesimo discorso è valido anche per altre tipologie di registri.

Immaginiamo quello automobilistico, oppure quello delle imprese. In questi frangenti la blockchain potrebbe essere utilizzata per snellire le iscrizioni dei passaggi di proprietà delle quote societarie. Ma non finisce qui, perché un’altra applicazione decisamente interessante per questa tecnologia riguarda la gestione documentale e la relativa conservazione.

Potendo beneficiare di una maggiore diffusione di queste tecnologie, infatti, la si renderebbe più sicura e trasparente, andando a coinvolgere più soggetti. Lo stesso discorso vale anche l’intelligenza artificiale. L’AI è particolarmente promettente perché in un prossimo futuro potrebbe rendere davvero più efficienti i processi burocratici, dare una “mossa” alla macchina della giustizia oppure migliorare i trattamenti sanitari.

Parliamo di benefici che sono riconducibili a un unico comune denominatore: stimolare la cittadinanza a divenire parte integrante del sistema, dunque attiva. Occorre infatti lavorare duramente sulla stimolazione della fiducia dei soggetti coinvolti. Proprio per questo motivo è importante immaginare dei “modelli di accompagnamento” verso queste nuove tecnologie, in modo da favorire uno sviluppo integrato ad ogni livello della P.A.

Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione: in conclusione

Alla luce di quanto abbiamo descritto fino a questo momento, è importante soffermarsi ora sulle possibili soluzioni delle problematiche descritte, ovvero l’importante ritardo del completamento della digitalizzazione delle P.A. Tra le principali, e si spera più efficaci, troviamo il modello strategico ideato dall’AGID. Per completezza d’informazioni, l’AGID è un’agenzia pubblica voluta dal Governo Monti. Il modello mira a:

• riutilizzare software e interfacce di qualità già presenti nelle P.A. In questo modo si eviterebbe di vanificare gli investimenti passati;
• tenere conto delle reali esigenze dei cittadini e delle aziende, così che sia possibile creare servizi digitali migliori di front office;
• uniformare quelli che sono i servizi digitali di cui la Pubblica Amministrazione attualmente si serve;
• prevedere sistemi di controllo sui costi sostenuti per le tecnologie digitali;
• pianificare le attività future nella direzione della trasformazione digitale, così da ottimizzare spese e investimenti.

La mappa di questo modello strategico, comprende quattro grandi macro-famiglie, ovvero:

infrastrutture fisiche

Datacenter, Cloud e connnettività. Attualmente sussiste una situazione disomogenea. Per questo motivo occorre definire un percorso guida sull’uso efficiente delle tecnologie IT.

infrastrutture immateriali

Dati della P.A. di interesse nazionale, piattaforme abilitanti condivise su scala nazionale. I dati devono essere considerati come un bene comune che la P.A. ha l’obbligo di condividere gratis per scopi istituzionali. I medesimi dati inoltre, eccezion fatta che per motivi di sicurezza, dovranno poter essere utilizzati dai cittadini.

modello di interoperabilità

Questo modello permette alle P.A. di scambiarsi informazioni, di collaborare sia tra di loro che con soggetti terzi, di garantire l’accesso sicuro ai dati della P.A., il dialogo tra differenti ecosistemi ma anche all’interno degli stessi.

ecosistemi

Sanità, Welfare, Scuola, Finanza pubblica, Istruzione superiore e ricerca, Giustizia, Difesa e sicurezza, Infrastrutture e logistica, Beni culturali e turismo, Sviluppo e sostenibilità, Agricoltura, Comunicazioni, l’Italia in Europa e nel mondo.

 

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